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SILVIA CAMPORESI
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di Luca Panaro
Nella tue più recenti fotografie ci mostri un incorruttibile
mondo fatto di pietra e plastica, giardini silenziosi sotto cui si cela
la sottile angoscia delle "Finzioni". Un mondo che improvvisamente
si discosta dalla realtà, assumendo una vita propria, capace
di trasmettere tutta l'afflizione dell'immobilità. Quanto c'è
di autobiografico nel tuo lavoro?
Il mio lavoro è tutto incentrato sull'autobiografia. Non
riesco a creare qualcosa che esuli dalla mia vita, dai miei stati d'animo.
Ogni immagine nasce da un momento bello o da uno brutto. Da questo punto
di vista non fa differenza. Sono dell'idea che l'arte sbocci dalle continue
corrispondenze fra il flusso delle esperienze dell'artista e la realtà
in cui egli è immerso. L'arte è materia energetica pura
e per quanto mi riguarda essa segue di pari passo la mia evoluzione
"spirituale". Le immagini della serie "finzioni"sono
nate dopo il lungo periodo dedicato a "Virginia" durante il
quale ho scelto di lavorare in una sorta di gabbia dedicando la mia
attenzione ad una sola persona che conduce gran parte della sua vita
dentro ad una stanza.Terminato questo periodo ho sentito il bisogno
di uscire allo scoperto, di ricercare fuori quell'immobile atmosfera
di ripetizione che avevo trovato all'interno della casa. Mi rendo conto
di inseguire sempre nei miei soggetti un'idea di immobilità fisica
o metafisica, cerco il momento in cui il soggetto si carica della massima
forza nell'attimo prima di compiere un'azione. Ed è come se in
quel momento ci fosse una carica di energia potentissima, come se di
lì a poco tutto potesse cambiare, stravolgersi in un attimo.
In un senso traslato questo discorso vale anche per tutti quegli elementi
che riunisco dentro al termine di "finzioni", ovvero ripetizioni
sintetiche del reale. Questi oggetti sono la proiezione della nostra
idea di un mondo incorruttibile, poichè la lotta contro la fuga
delle cose nell'evanescenza è una chiara preoccupazione umana.
Opponiamo al mondo dell'impermanenza il piccolo mondo di cose fisse,
fatte di una rigida e medusiaca bellezza. La rigida bellezza che ho
ritrovato nella processione di Biancaneve di pietra. Eppure tutto, anche
la Finzione è soggetta alle leggi del divenire, la pietra si
sgretola, il colore usurato dal tempo lentamente svanisce.
In "Cartoline dal nulla" porti avanti una ricerca sul paesaggio
dove la fotografia interviene come strumento di certificazione della
realtà. Il concetto tradizionale di cartolina sembra mutare di
segno, andando ad assumere significati diversi, oserei dire opposti.
Ti riconosci in questa interpretazione?
In questo caso ho lavorato sul concetto opposto di cartolina. Lo
scopo di una cartolina è affermare: sono stata qui in questo
luogo magnifico, eccone la prova. Mi interessava ribaltare completamente
il senso di "bellezza" dell'immagine. Sono andata alla ricerca
di paesaggi che non avessero chiare linee di appartenenza ad un luogo
specifico, paesaggi in un certo senso anonimi e quasi metafisici, proprio
perché essendo mancanti di una connotazione, possono appartenere
ad un qualsiasi luogo. Di fronte a questi paesaggi lontanani da ogni
classificazione eppure non per questo privi di suggestione ho provato
un attimo di occulta felicità, come se avessi scoperto l'animo
celato di quel luogo. Ogni "cartolina"è una tappa di
una strada che riconosco familiareÊe le immagini raccolte insieme come
un mazzo di carte rovesciato su tavolo raccontano di luoghi che sembrano
disegnare un destino.
Raccontaci la storia di "Virginia" che hai documentato nel
tuo omonimo lavoro fotografico.
Per più di un anno ho fatto visita a mia nonna Virginia portandomi
dietro la macchina fotografica. Ho cercato di raccontare quello che
da sempre i miei occhi avevano visto, la sua vita vissuta in solitudine,
racchiusa dentro ad una stanza, attorno ad una tavolo laccato di blu.
Una vita fatta di piccoli rituali, di gesti ripetuti e di vecchi oggetti
tenuti con cura sempre nello stesso posto. Il cibo, il cucito, il caffè
assieme ai santini messi vicini alle foto di mio nonno, il vecchio letto
matrimoniale diventano tracce di una piccola epica quotidiana fatta
di movimenti minimi ma imprescindibili. Ed è stato osservandola
che ho capito quanto forte possa essere il legame che segna l'appartenenza
tra una persona e la sua dimora e quanto l'una modelli l'altra fino
a diventare insieme linguaggio assoluto per la comprensione dell'esistenza
di una persona. Virginia resta sempre presente anche quando nelle foto
è completamente assente perchè ormai bastano i suoi oggetti
ad evocarla.
1 Ottobre 2002
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Silvia Camporesi è nata nel 1973 a Forlì
www.silviacamporesi.it